Parlavo con un mio collega di lavoro, il quale mi raccontava della proposta di affitto ricevuta da un gruppo di persone del Bangladesh. Queste persone vogliono aprire una rosticceria indiana-bengalese sotto la sua casa.
Mi sono ricordato di un film di Bollywood, uscito circa 30 anni fa che si chiamava, “Ik duge ke liye” (Fatti l’uno per l’altro), una storia di amore tormentata e tragica tra un ragazzo dello stato di Tamilnadu con una ragazza del Pungiab. Il Pungiab si trova nel nord dell’India e il Tamilnadu nel sud dell’India. Anche se si parla spesso della “cucina indiana”, di fatto non esiste nessuna “cucina indiana”, esistono tante cucine indiane, una diversa per ogni regione dell’India. I piatti che si trovano nella maggior parte dei ristoranti indiani (anche quelli gestiti dalle persone del Pakistan e del Bangladesh) sono spesso i piatti di una cucina molto specifica del nord-ovest dell’India. In questo film, le due famiglie odiavano gli odori che venivano dalla cucina dell’altra famiglia.
Se due famiglie da due diverse parti dell’India, non sopportano gli odori delle reciproche cucine, come fanno gli europei a sopportare questi odori? Conosco vicini che odiano l’odore di cipolla fritta che viene dalla casa dei loro vicini bengalesi. Forse anche i nostri vicini hanno problemi quando decidiamo di cucinare all’Indiana?
Comunque consigliai il mio collega di andare a mangiare in un ristorante bengalese e sentire bene gli odori prima di decidere se voleva averli sotto la sua casa tutte le sere.
La ricetta di oggi ha il tamarindo, una materia usata rare volte nelle varie cucine del nord dell’India, invece lo si usa molto più spesso nel sud dell’India. Questa ricetta viene dalla cucina di Chettinad, una regione dello stato di Andhra Pradesh nel sud est dell’India. La cucina di Chettinad è caratterizzata da 3 ingredienti – aglio, pepe nero e tamarindo.
Da bambino amavo mangiare il tamarindo. Il frutto di tamarindo cresce sugli alberi che si somigliano nella forma ad un’acacia e il frutto somiglia ad un lomento di fagiolini verdi, ma ha la scorza più spessa e dura. Quando il frutto è maturo la scorza diventa marrone e secca. Dentro il frutto c’è una polpa color marrone scuro o quasi nero, molto densa e fibrosa con tanti semi di medie dimensioni nascosti dentro la polpa. Se mangiato crudo, la polpa di tamarindo ha un gusto molto forte, un gusto dolce e amaro allo stesso momento, che si può paragonare al gusto del limone, anche se i due gusti sono completamente diversi.
Mentre preparavo questo piatto, ho ceduto alla tentazione di leccarmi le dita coperte dalla polpa di tamarindo e insieme al forte gusto ho sentito un fremito di piacere mescolato alla nostalgia che mi ha riportato subito alla mia infanzia!
Ora, basta con le chiacchiere e andiamo a parlare della ricetta. La ricetta originale di Chettinad è molto piccante, ma la mia variazione della ricetta lo è molto meno.
Ingredienti: Una cipolla, 2 spicchi di aglio, un peperoncino verde (opzional), olio di oliva, funghi tagliati a fette non molto sottili (circa 500 gm), tamarindo (circa 2,5 cm quadrato), sale secondo i gusti e personali e pepe nero.
In una coppetta, lasciate il pezzo del tamarindo al bagno in qualche cucchiaio di acqua calda.
Preparazione: Mettete sul fuoco 1 C di olio, aglio, cipolla e peperoncino tagliati a pezzettini e fateli rosolare per circa 1 minuto. Aggiungete i funghi, il sale e il pepe nero secondo i vostri gusti.
Uscirà l’acqua dei funghi, lasciate il tutto sulla fiamma bassa affinché l’acqua si asciughi.
Con un cucchiaio mescolate il tamarindo nella coppetta affinché la polpa sia mescolata bene con l’acqua e ora versate i contenuti della coppetta in un piccolo passino da thé sopra i funghi. Solo l’acqua del tamarindo (senza i semi e le fibre) andrà nei funghi. Alzate la fiamma e mescolate i funghi per 1 minuto.
Sono pronti i funghi al tamarindo.
Mi sono ricordato di un film di Bollywood, uscito circa 30 anni fa che si chiamava, “Ik duge ke liye” (Fatti l’uno per l’altro), una storia di amore tormentata e tragica tra un ragazzo dello stato di Tamilnadu con una ragazza del Pungiab. Il Pungiab si trova nel nord dell’India e il Tamilnadu nel sud dell’India. Anche se si parla spesso della “cucina indiana”, di fatto non esiste nessuna “cucina indiana”, esistono tante cucine indiane, una diversa per ogni regione dell’India. I piatti che si trovano nella maggior parte dei ristoranti indiani (anche quelli gestiti dalle persone del Pakistan e del Bangladesh) sono spesso i piatti di una cucina molto specifica del nord-ovest dell’India. In questo film, le due famiglie odiavano gli odori che venivano dalla cucina dell’altra famiglia.
Se due famiglie da due diverse parti dell’India, non sopportano gli odori delle reciproche cucine, come fanno gli europei a sopportare questi odori? Conosco vicini che odiano l’odore di cipolla fritta che viene dalla casa dei loro vicini bengalesi. Forse anche i nostri vicini hanno problemi quando decidiamo di cucinare all’Indiana?
Comunque consigliai il mio collega di andare a mangiare in un ristorante bengalese e sentire bene gli odori prima di decidere se voleva averli sotto la sua casa tutte le sere.
La ricetta di oggi ha il tamarindo, una materia usata rare volte nelle varie cucine del nord dell’India, invece lo si usa molto più spesso nel sud dell’India. Questa ricetta viene dalla cucina di Chettinad, una regione dello stato di Andhra Pradesh nel sud est dell’India. La cucina di Chettinad è caratterizzata da 3 ingredienti – aglio, pepe nero e tamarindo.
Da bambino amavo mangiare il tamarindo. Il frutto di tamarindo cresce sugli alberi che si somigliano nella forma ad un’acacia e il frutto somiglia ad un lomento di fagiolini verdi, ma ha la scorza più spessa e dura. Quando il frutto è maturo la scorza diventa marrone e secca. Dentro il frutto c’è una polpa color marrone scuro o quasi nero, molto densa e fibrosa con tanti semi di medie dimensioni nascosti dentro la polpa. Se mangiato crudo, la polpa di tamarindo ha un gusto molto forte, un gusto dolce e amaro allo stesso momento, che si può paragonare al gusto del limone, anche se i due gusti sono completamente diversi.
Mentre preparavo questo piatto, ho ceduto alla tentazione di leccarmi le dita coperte dalla polpa di tamarindo e insieme al forte gusto ho sentito un fremito di piacere mescolato alla nostalgia che mi ha riportato subito alla mia infanzia!
Ora, basta con le chiacchiere e andiamo a parlare della ricetta. La ricetta originale di Chettinad è molto piccante, ma la mia variazione della ricetta lo è molto meno.
Ingredienti: Una cipolla, 2 spicchi di aglio, un peperoncino verde (opzional), olio di oliva, funghi tagliati a fette non molto sottili (circa 500 gm), tamarindo (circa 2,5 cm quadrato), sale secondo i gusti e personali e pepe nero.
In una coppetta, lasciate il pezzo del tamarindo al bagno in qualche cucchiaio di acqua calda.
Preparazione: Mettete sul fuoco 1 C di olio, aglio, cipolla e peperoncino tagliati a pezzettini e fateli rosolare per circa 1 minuto. Aggiungete i funghi, il sale e il pepe nero secondo i vostri gusti.
Uscirà l’acqua dei funghi, lasciate il tutto sulla fiamma bassa affinché l’acqua si asciughi.
Con un cucchiaio mescolate il tamarindo nella coppetta affinché la polpa sia mescolata bene con l’acqua e ora versate i contenuti della coppetta in un piccolo passino da thé sopra i funghi. Solo l’acqua del tamarindo (senza i semi e le fibre) andrà nei funghi. Alzate la fiamma e mescolate i funghi per 1 minuto.
Sono pronti i funghi al tamarindo.
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